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nuti discendenti degli Italiani anticamente emigrati (τῶν ἐξ Ἰταλίας ἄποικοι πάλαι) nella penisola balcanica.
Ciò dovè naturalmente contribuire a destar negli Italiani curiosità di conoscer da vicino i costumi di questi loro nuovi fratelli e decider più d’un viaggiatore, che altrimenti si sarebbe probabilmente taciuto, a descriverci le sue peregrinazioni moldovalacche o per lo meno (come è il caso p. es. delle relazioni ecclesiastiche) a dar loro un’estensione assolutamente eccezionale e insperata. Di più, i primi viaggi in Rumania coincidono colle prime opere storiche intorno alle regioni orientali dell’Europa in genere e all’Impero Ottomano in ispecie. Le strepitose vittorie, per cui i Turchi s’erano in breve tempo impadroniti di tanta parte dell’oriente europeo; la minaccia perpetua che la loro sete di conquiste territoriali rappresentava per gli Stati confinanti, primi fra i quali l’Austria e l’Ungheria; le relazioni politiche, cortigiane e culturali che legarono nei secoli XVI, XVII e XVIII l’Italia a quegli stati; le parentele che la Casa d’Austria vantava fra i principi regnanti d’Italia, il mecenatismo infine di Mattia Corvino e de’ suoi successori verso ogni sorta di dotti italiani; furono altrettante cause, per le quali gli studii storici e le relazioni di viaggio intorno a questa o a quella delle Provincie soggette all’Impero Ottomano si moltiplicarono in Italia, e, dal Secolo XVI al XVIII, andaron sempre crescendo di numero e d’importanza. Orbene non c’è nessuna di queste opere storiche, come non c’è nessuno di questi viaggi, in cui, per un verso o per l’altro,1 non si faccia parola della Rumania, considerata corn’era come una vera e propria provincia dell’Impero Ottomano: il che in fondo non era, o per la meno non era nella misura in cui si credeva, e generalmente ancora si crede. Nè solamente i viaggiatori italiani ne toccavano per le speciali ragioni d’interessamento che abbiamo esposte di sopra, ma anche perchè l’Austria le faceva l’occhio dolce, e a un cortigiano, poniamo il caso, di
- ↑ Persino gli architetti, come p. es. Vincenzo Scamozzi (1552— 1616) nella sua Idea dell’architettura universale (Venetiis, an. MDCXV), trovano il modo di occuparsene nelle loro opere e descriverne le antichità.
ed. di Bonn). Un altro scrittore bizantino del secolo XII, Kinam, parlando dei Valachi scrive: „si dice che siano coloni venuti dell’Italia”(οἳ τῶν ἐξ Ἰταλίας ἄποικοι πάλαι εἶναι λέγονται, (p. 260 ed. Bonn), parole che sembrano contenere la più antica testimonianza della tradizione sull’origine latina dei Rumeni”.