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il mondo di Urbano Cerri1 cui, se aggiungeremo due relazioni ancora inedite nei ms. l’F3 e l’F5 della Biblioteca Brancacciana di Napoli2, che risentono tutte e due l’influenza della relazione bandiniana, e il cui autore ci è rimasto ignoto; potremo ben dire di aver su per giù ricordate tutte, o quasi, le relazioni più importanti scritte da prelati italiani su cose che per un verso o per l’altro, riguardano la Rumania.
μ) Conclusione.
Risulta da quanto siamo venuti esponendo, come alla diffusione della cultura italiana in Rumania abbia contribuito in non piccola parte il clero, troppo spesso e con troppa ingiustizia accusato dagl’ignoranti e dai settarii di poco o nessun attaccamento alla Patria. Che ci siano stati momenti della vita politica italiana, in cui si è cercato imporre al clero un’attitudine ostile allo Stato, è purtroppo una triste verità, davanti alla quale convien piegare il capo; che in ogni tempo si sien trovati fra i sacerdoti d’Italia coscienze intemerate e salde, che, senza mancare al dovuto rispetto all’autorità, hanno informato la loro vita ai dettami del Vangelo, alimentando nel cuore la fiamma dell’amor patrio che nessuno ha il diritto di soffocare, è un’altra verità che nessuno vorrà attentarsi a negare. Per quanto poi riguarda l’opera efficacissima esercitata dalla Congregazione di Propaganda Fide, per la diffusione della cultura nel mondo, basta citare uno storico non sospetto di eccessiva simpatia verso il clero, Carlo Botta, che, dopo aver osservato come „Napoleone imperatore, al quale piacevano le cose che potevano muovere il mondo,...come aveva usato la religione per acquistare la signoria di Francia, così voleva servirsi della Propaganda per acquistar quella del mondo”, insiste sul fatto che l’opera di essa „non era sì ristretta...alla propagazione della fede cattolica in tutte le parti del mondo...che non mirasse a diffondere le lettere, le scienze e la civiltà fra genti ignare, barbare e selvagge;