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Cominciate a sperare? Disingannatevi! Come la bella signorina dispare dalla finestra, il povero Dionisio si sprofonda di nuovo nella contemplazione delle rosse linee cabalistiche, queste cominciano a girare con velocità verriginosa, la mente del povero Dionisio è attratta in quel movimento, una mano invisibile lo trascina nel vortice di quella danza, e, a un tratto, ecco che vede dei Voivodi con ricchi abiti di broccato d’oro guerniti di zibellino, seduti sui loro troni antichi di puro stile bizantino, vede vecchi «boieri» raccolti a consiglio e una gran folla di popolo che entra nella reggia. Le linee rosse interrompono la danza e una voce misteriosa domanda al giovane:

— «In che epoca desideri trovarti?».

— «Sotto il regno di Alessandro il Buono» — risponde il povero Dionisio.

Ed ecco che, da un momento all’altro, Dionisio si vede trasformato in un monaco per nome Dan steso beatamente su di un mucchio di fieno falciato di fresco, mentre il sole tramonta.

— «Va bene — disse Vasile Pogór — - ma... spieghiamoci chiaro! Tutte queste cose Dionisio le vede, naturalmente, in sogno!».

— «Sì e no! — » risponde Eminescu. — Si tratta di una teoria filosofica, che non è alla portata di tutti!».

Gli otto eran divenuti trentacinque, e cominciavano a ridere con ostentata indulgenza.

La novella prendeva, a ogni pagina che Eminescu voltava, un andamento sempre più strano. Iacob Negruzzi, che, di solito, malgrado il suo sorriso ironico, approvava le teorie di Eminescu, cominciò a tossir forte e a far con le mani e con gli occhi segni disperati che non ci capiva un’acca, e, curvandosi all’orecchio dello Xenopol (1), che gli sedeva accanto, disse:

— «Come me la sbroglierò coi lettori delle ”Convorbiri”? Quando leggeranno questa novella, mi respingeranno tutti la rivista!».

Ma Eminescu sereno, olimpico, continuava la lettura come non fosse stato fatto suo. Ad un certo punto però, in cui uno dei protagonisti si trasforma in un diavolo circondato da una folla di folletti, le proteste presero un carattere manifestamente ostile:

— «Qui — si diceva — non è più il caso di parlar di fantasia, ma di pura e semplice puerilità. Siamo ai diavoli delle novelle popolari, alle case dove ci si sente ed altre balordaggini di simil genere!».

Ma Eminescu, che sembrava non accorgersi neppure di quanto avveniva intorno a lui, continuava a leggere: — «...il monaco Dan uscì di casa e si mise per una stradetta deserta...».

Qui altre proteste. Eminescu, infischiandosene della storia, descriveva una città romena dei tempi di Alessandro il Buono, come se fosse una qualunque città... turca! — «Piano! piano! che le cose stanno alquanto diversamente! Lei ci descrive una città turca, o, al più una città romena del secolo scorso! Ora, ai tempi di Alessandro il Buono, i Romeni non erano ancora venuti a contatto coi Turchi!».

Eminescu fece spallucce e continuò a leggere. Che importava a lui, pur così profondo conoscitore della storia romena, della verità storica in un’opera

  1. A. D. Xenopol, il celebre storico rumeno, autore di una Teoria della Storia, menzionata anche dal Croce.