Tu parti e comprendo benissimo
che non vuoi ch’io ti segua,
o perduta per me in eterno,
dolce sposa dell’anima mia!
la mia colpa è d’averti veduta
e in eterno non potrò perdonarmi;
espierò il mio sogno di luce
invano tendendo le braccia.
E innanzi a me stai come l’icona
della Vergine Maria,
sulla tua fronte portando corona.
Dove te ne vai? Quando tornerai?
|
(Trad. di Ramiro Ortiz, op. cit.).
Segue «Fremito di selva», in cui il sentimento della natura è tale da evocare anche davanti agli occhi di chi non lo conosca il meraviglioso paesaggio romeno così solenne nel mistero de’ suoi boschi d’abeti, così fresco nel gorgogliar delle polle, così allegro e pieno di vita nel cinguettar degli uccelli.
Trasalendo scintilla il lago
e si culla sotto il sole;
io, guardandolo dal bosco,
lascio rapirmi dalla malinconia,
e ascolto all’ombra
il canto della quaglia!
Dalle sorgive e dai torrenti
l’acqua croscia sonnolenta;
dove, tra i raggi, il sole
penetra nell’onde,
paurosa ella ne’ flutti
si precipita.
Canta il cuculo; i merli, i tordi
cantano. Chi li sa ascoltare?
Degli uccelli (nascoste
tra i rami) cinguettan le tribù,
e parlan con tanto numerosi
significati ascosi!
Il cuculo domanda: — «Dov’è
la sorella de’ sogni d’estate?
Flessuosa e innamorata,
dallo sguardo stanco,
come una fata che appare
a tutti?
|