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ìorescu), ma perde questi posti più forse per la sua inadattabilità alla vita pratica, che per la triste politica di quei tempi; ama una donna che è anche una poetessa (la dolce e romantica, ma, ahimè, anche infida Veronica Micle), ma, mentre l’ama la fugge accorgendosi che non corrisponde all’ideale che gli canta nell’anima. Si chiude in un cupo disdegno di spirito che si libra «immortale e freddo» al disopra delle contingenze terrene; gode per breve tempo a Iași dell’amicizia di un altro grande, Ion Creangă che fece assurgere la prosa popolare romena ad altezze insperate ed insperabili, ma presto, trasportatosi a Bucarest, la sua inadattabilità gl’impedisce ogni amicizia, i mediocri si stringono in congiura contro di lui, gli rubano anche il pane quotidiano, costringendolo a una vita di vero facchino intellettuale, su cui gravita quasi per intero il peso d’un giornale politico, ch’egli scrive, corregge e spesso impagina quasi da solo; per gittarlo finalmente nelle braccia della follia, nelle quali si dibatte, perdendo anche l’ultima consolazione: quella della poesia, finché muore tragicamente al manicomio di Bucarest colpito alla testa da un altro pazzo, che, fa cessare di funzionare quel cervello e quel cuore che tanti sogni avevano ospitati e tante inenarrabili armonie espresse a consolazione degli uomini ingrati.

Poeta pessimista e nutrito della filosofia dello Schopenhauer, con influssi sporadici di buddismo, egli appartiene alla famiglia dei Leopardi, Musset, Vigny, Heine, Lenau, Petöfi, pur distinguendosi profondamente da essi per una visione sua particolare della vita, per un fresco, profondo, intimo senso della natura, per cui rappresenta l’interprete più sincero ed autoctono del paesaggio romeno; per il suo costante entusiasmo per la storia, le tradizioni e soprattutto la poesia popolare romena; finalmente per una certa sua serenità nel dolore che gli fa guardare dall’alto le passioni umane. Ma ciò che distingue Eminescu da qualsiasi altro poeta romeno è la sua musicalità; musicalità profondamente ed intimamente romena come quella della «doina», il dolce canto d’amore e di dolore caratteristico del popolo romeno, e, nello stesso tempo, tutta sua particolare, visto che non coincide con quella di nessun altro poeta.


Dalle «Poesie» di Michele Eminescu: