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Ma chi m’attira e incanta col suo sorriso blando
è Ileana Cozinzeana! (1) Cantan fra le sue trecce i fiori
e fino all’alba io resto in estasi a contemplarla,
ricordando un miracolo di bimba che ho amata!

(Dai «Pastelli», trad. di Ramiro Ortiz).


Rappresentante della corrente della «Dacia Literară» in Valacchia, ma più di nome che di fatto, visto che la sua opera letteraria è tutta sotto l’influsso francese, fu Grigore Alexandrescu (1812-1885), che, fin da fanciullo, ricevette educazione tutta francese nel collegio diretto da I. A. Vaillant — autore di un’opera importante sulla Romania («La Roumanie» — 3 voll.) e di una raccolta («Poésies de la langue d’or») di poesie tradotte o imitate dal romeno (2) e si compenetrò dei classici del buon secolo dei quali risente l’influsso nelle sue «Satire», nelle sue «Fabule» (Favole) e soprattutto nelle sue «Elegii», che sono considerate tra le più belle della letteratura rumena. Parafrasate dal francese sono infatti parecchie delle sue elegie e tutta la sua produzione poetica risente l’influsso delle «Méditations» del Lamartine, delle «Satires» e dell’«Art Poétique» del Boileau e delle «Fables» del Lafontaine. Le sue poesie più note sono: «Umbra lui Mircea la Cozia» (L’ombra di Micea-Voda al monastero di Cozia), «Răsaritul lunei la Tismana» (Il sorger della luna al monastero di Tismana), «Anul 1840» (L’anno 1840), in cui prende occasione dall’entrata del nuovo anno per esprimere le sue speranze nell’avvenire della Rumania e dell’Umanità; «Cometei anunțată pentru 13 Iunie 1857» (Alla cometa annunziata per il 13 Giugno 1857), la favola «Boul și vițelul» (Il bue e il vitello); ma disgraziatamente oggi non resistono ad una traduzione, sicché ci limiteremo a dare, come esempio dell’influsso delle «Ruines» del Volney, le prime strofe de «L’ombra di Mircea-Voda al Monastero di Cozia»:

  1. Protagonista femminile dei «basm» romeni, qualcosa come la «reginetta» delle nostre novelline popolari, così come Făt-Frumos corrisponde al «reuccio» o al «principe azzurro».
  2. Che il Vaillant chiamava «langue d’or» intendendo «langue d’orient» in contrapposizione a «langue d’oc» (provenzale) ch’era per lui «langue d’occident». Si sa invece che il provenzale si dice langue d’oc dalla sua particella affermativa: oc > lat. hoc allo stesso modo come l’Italiano è la «lingua del » dal latino «sic».