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amava. Son felice che il popolo ti ricompensi del servizio che mi rendesti col vendermi alle soldatesche di Antonio Székély, e per di più coll’abbandonarmi, passando dalla parte di Tomscia.

Oh me disgraziato! — gridò Motzoc, strappandosi la barba, giacché dalle parole del tiranno capiva che ormai non c’era più salvezza per lui.

— Almeno lasciate che io dia assetto alle mie cose! Abbiate pietà della mia sposa, de’ miei bambini! — E piangeva, e gridava e sospirava.

— Via — gridò Lăpușneanu — non piangere come una donnicciuola!

Sii un uomo forte. A che ti confesseresti? Che hai da dire al confessore? Che sei un brigante e un traditore? Questo lo sa tutta la Moldavia. Andiamo! prendetelo, gettatelo al popolo e dite che quelli che saccheggiano il paese son pagati così dal Voda Alessandro.

Allora l’«armaș» e il capitano dei mercenari cominciarono a trascinarlo. Il «boiaro» urlava quanto poteva, volendo difendersi; ma che cosa potevano fare le sue deboli mani contro quattro braccia vigorose?

Voleva puntare i piedi, ma inciampava nei corpi dei suoi confratelli, e scivolava nel sangue che s’era aggrumato sul pavimento. Infine le forze gli vennero meno e i satelliti del tiranno, trascinatolo sino alla porte del cortile più morto che vivo, lo spinsero fra la moltitudine.

Il disgraziato «boiaro» cadde nelle braccia di quell’idra dalle molte teste, che in un batter d’occhio lo fece a pezzi.

— Così paga il Voda Alessandro quelli che saccheggiano il paese! — gridarono gl’inviati del tiranno.

— Viva Sua Grandezza il Voda! — rispose la folla.

E rallegrandosi di questo sacrifizio, si disperse.

(Trad. di M. Bulciolu, Lanciano, Carabba, 1931, pp. 29-35).


Se, da una parte, come raccoglitore e primo editore (1866) dei canti popolari romeni (Poezii populare ale Românilor) anche Vasile Alecsandrì (1819-1890) ci appare strettamente legato al movimento letterario capitanato dal Kogălniceanu; dall’altro, come poeta, prosatore e soprattutto come commediografo e drammaturgo, egli ci appare sotto un preponderante influsso francese. Fu anche uomo politico e preparò, in alcune sue interviste con Napoleone, Vittorio Emanuele e Cavour, il riconoscimento da parte della Francia e dell’Italia dell’awenuta «Unione dei Principati» nella persona del «Domnitorul» Ioan Cuza I eletto contemporaneamente in Moldavia e in Valacchia. Trovandosi in Italia all’epoca delle battaglie della nostra indipendenza, cantò le vittorie (Goito, Pastrengo, Santa Lucia ecc.) delle nostre armi in liriche occasionali di non molto valore artistico, ma piene d’entusiasmo per la causa italiana. Scrisse anche una novella d’argomento fiorentino: «Buchetiera din Florență» (La fioraia fioren-