Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 58 — |
(quasi tutti di cultura francese) e determinò, coll’abbandono dei caftani e degli enormi cappelli (islicuri) che facevan sì che due «boieri» non potessero andare insieme nella medesima carrozza, anche la moda dei viaggi a Parigi e della lingua francese come lingua di salotto e dei ritrovi eleganti. Ci fu poi la Rivoluzione Francese che costrinse molti nobili e intellettuali ad emigrare e guadagnarsi il pane insegnando la loro lingua. Gli allievi di tali precettori (spesso coltissimi) preferirono naturalmente l’università di Parigi a quelle italiane, tedesche e polacche frequentate fino ad allora, e la cultura francese si venne sempre più affermando. In mancanza di una tradizione di cultura classica, l’influsso di una cultura quale la francese (classica e moderna al tempo stesso) fece molto bene alla ancor balbettante lingua e cultura romena, sveltendone le espressioni ed orientandola decisamente verso l’occidente latino. Certo la sua assoluta preponderanza durante quasi un secolo e le basi non troppo salde su cui riposava finirono, in alcuni dei più fanatici seguaci, collo snaturare l’indole stessa della lingua e della sintassi romena, che dovè rinunziare alla costruzione inversa, al periodo ipotattico, allo stile solenne e fiorito, con molto danno della sua originalità. Tuttavia, in mancanza di un influsso latino diretto che certo sarebbe stato desiderabile, ma che ragioni storiche imprescindibili avevan reso impossibile (il distacco dalla Romania dalla Chiesa di Roma e la sua conseguente attrazione nell’orbita dell’ortodossismo slavo e bizantino fu un fatto che produsse un danno incalcolabile al libero evolversi della cultura romena); la cultura francese rappresentò per la Romania «la cultura latina viva nella sua forma più assimilabile» e fu feconda in risultati artistici e letterarii.
Il movimento politico e letterario della Romania intorno al 1830-1850 è addirittura sorprendente. Dopo la perniciosa dominazione dei principi fanarioti, occupati unicamente ad arricchirsi alle spalle del paese, del quale solevano acquistar la corona all’incanto, sospettosi, crudeli, corrotti e corruttori; la Romania sembrava sull’orlo di un precipizio orribile, quando, per opera di quella medesima letteratura francese che i fanarioti avevano importata come oggetto di lusso senz’accorgersi che buona parte di essa bandiva le idee di libertà e d’indipendenza; della rinata coscienza nazionale per opera della «Scuola latinista di Tran-