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studii a Lemberg e Vienna (filosofia ed ingegneria) e a Roma, dove si recò per perfezionarsi nel disegno e nelle belle arti. L’episodio più saliente della sua vita fu il suo amore per Bianca Milesi, la ben nota ammiratrice dell’Alfieri e una delle più attive «giardiniere» del nostro Risorgimento. La conobbe a Roma nello studio del Canova che ambedue frequentavano e scrisse per lei delle poesie italiane di tono tra petrarchesco ed arcade, che lesse nelle tornate di una «Società Letteraria Romana» di cui non sappiam più nulla e pubblicò dapprima nelle colonne di un giornaletto letterario che par fosse l’organo di detta società e s’intitolava «Il Campidoglio», poi in un volume di «Poezii», accompagnandole con una traduzione in versi romeni. Tornato in patria, fondò l’«Albina Românească» (l’Ape Rumena), il cui motto:

Spune, spune, mica albină,
incontro mergi acum trează?


(Di’, di’, piccola ape — dove vai desta così di buon tempo?)

ricorda abbastanza da vicino i noti versi del Meli:

Dimmi, dimmi, apuzza nica,
unni vai cussi matinu?


e che, come il «Curier de Ambe Sexe» di Heliade-Rădulescu, abbonda in articoli riferentesi all’Italia. Piena di sentita ammirazione è la sua «Oda la Italia» (Ode all’Italia), benché l’Italia dell’Asachi non fosse che la solita «terra dei suoni, dei canti, dei carmi» cara ai romantici, non quella che, all’epoca in cui visse a Roma, affilava già nell’ombra delle società segrete le spade che presto sarebbero brillate al sole delle battaglie del Risorgimento.

Diamo come esempio della poesia dell’Asachi questo sonetto italiano recentemente scoperto e pubblicato dal nostro ex scolaro Alexandru Ciorănescu:

Tempo fu già che tra servii catena
Amor tiranno a suo piacer mi strinse,
quando colei, ch’ogigi rammento appena,
d’esser fida al mio cor barbara finse.


Ma, franto il laccio, e se tormento e pena
costommi il dì ch’un guardo suo mi vinse,
or torno a respirar l’aura serena
e di maschio valor l’alma si cinse.