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Così piange Florica e il suo dolore effonde
sul ballatoio, accanto alla madre, e la tristezza la vince;
mugge nell’aia la giovenca e guarda verso la stalla,
la mamma sta soprappensieri e la fanciulla sospira.


Era verso il crepuscolo e il sole tramontava,
le antenne (1) dei pozzi, stridendo, sembravan richiamare
al villaggio la mandra, che, a poco a poco giungeva
e, muggendo, s’incamminava all’abbeveratoio,


mentre i buoi che avevan già bevuto entravan nell’aia,
le mucche, con gemiti materni, chiamavano i redi,
l’aria vespertina vibrava al muggito dei tori
e i vitellini, saltellando allegri, correvano alle mammelle delle madri.


Ma anche questi rumori cessano: si sente distintamente
sussurrare il rivolo del latte nella pace della sera,
mentre la mammella s’abbandona alla mano verginale che la preme,
e il redo piccolino rabbrividisce tutto, scodinzolando all’intorno.


L’una dopo l’altra le stelle cominciano a risplendere sul cielo,
e lumi ad apparire alle finestre del villaggio,
tardi questa sera sorge anche la luna
e (cattivo augurio) di tanto in tanto cade una stella.


Ma i lavori nel campo hanno stancato il contadino,
ed ecco che, dopo una parca cena, s’abbandona al sonno;
silenzio dappertutto ora si stende
e solo il latrar dei cani s’ode ininterrotto.


È notte alta, fonda; dalla volta del cielo
il suo nero velo cosparso di stelle d’argento
avvolge i mortali, che, nelle braccia del sonno,
sognano realizzati i desiderii che desti non hanno osato sognare.


Tutto è silenzio e immobilità perfetta,
un canto (o un incantesimo?) sul mondo s’è posato,
non una foglia trema, non un soffio di vento spira,
persin l'acque dormon profondamente e i mulini han taciuto.

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(Trad. di Ramiro Ortiz).


Passando all’Asachi, ci limiteremo a dire che egli fu per la Moldavia ciò che Heliade-Rădulescu fu per la Valachia. Nato ad Herța (Bucovina) il 1788, morto a Iași il 1869, egli fece i suoi

  1. Si tratta di certe antenne poste in bilico sulla «forcella» dei pozzi rustici, all’uno dei capi delle quali è appeso un lungo «bastone» che porta il «secchio», mentre dall’altro è un «contrappeso» (un grosso ceppo d’albero o una pietra), sollevando il quale il secchio va nel pozzo e torna su quando si lascia andare.