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gua romena in un comico gergo romeno-italiano, al punto da provocare una reazione, in seguito alla quale buona parte delle parole slave proscritte ripresero il loro posto nella lingua. Il più importante dei suoi scritti è il «Paralelism între dialectul italian și cel român» (1841), in cui considera il romeno come un dialetto dell’italiano e propugna la italianizzazione del romeno.
Eccone un brano:
HELIADE-RĂDULESCU:
Paralelism între dialectul italian și cel român
I fratelli nostri italiani hanno avuto come norma la lingua latina ed han coltivato la lingua del popolo romano, che è anche la nostra. Stando così le cose, che gl’italiani han fatto quello che non abbiam fatto noi, non sarebbe bene vedere un poco come han fatto? È bene continuare a tenerci stretti alla lingua francese, così povera di vocaboli, così anormale (rispetto cioè alla latina dalla quale si è maggiormente allontanata), così pericolosa per l’integrità della lingua nostra, che da dodici anni a questa parte l’ha corrotta al punto che a mala pena si riconosce? La lingua francese ci ha corrotto la lingua, il cervello, gli usi, i costumi, la religione, perchè pochissimi tra quelli che l’apprendono si rompon la testa con gli scrittori classici e nelle mani della gioventù si veggon soltanto romanzi spudoratissimi. Lo so per mia esperienza, perchè, quando avevo diciannove anni, la imparavo sui romanzi, e questa è forse la ragione per cui non l’ho mai saputa bene. Questa lingua non può nè apprendersi nè parlarsi, nè tanto meno scriversi senza l’aiuto di un’altra lingua, almeno di quella italiana; è una lingua povera di parole e ricca di frasi, in cui può scorgersi il carattere di un popolo che pensa poco e parla molto; è una lingua in cui la filosofia e la letteratura non han potuto fare il progresso che sarebbe stato necessario si fosse fatto nel nostro secolo...
Se invece risaliamo a Dante, troviamo nella lingua adoperata da lui e dagli altri della sua epoca delle parole identiche a quelle romene, come per es. loco, foco, ecc. invece di luogo, fuoco della lingua italiana odierna. Se poi percorreremo l’Italia, vedremo che in diverse regioni la pronunzia di alcune parole in cui nella nostra lingua troviamo u invece di o è assolutamente identica a quella romena. Per esempio nome, fronte, monte, ponte, morire, alcune popolazioni italiane le pronunziano come noi: nume, frunte, munte, punte, murire. La differenza tra la lingua nostra e quella italiana letteraria non consiste in altro che nel fatto che la nostra è rimasta ferma al suo primo stadio di evoluzione per quanto è stato possibile a un popolo perseguitato dalla sorte e dagli avvenimenti, mentre quella italiana, per quanto anch’essa soggetta alle invasioni dei popoli barbari, cominciò presto ad esser coltivata da’ suoi scrittori e poeti, sicché da molti secoli è lingua letteraria.
(Trad. di Ramiro Ortiz).