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Capitolo III.
STORIOGRAFIA
Anche questo genere di letteratura prende le mosse dai monasteri (soprattutto di Bistrița e di Putna), dove, per gratitudine verso i principi che li avevan fondati (ctitori), ben presto gli obituari si trasformano in «necrologie» (pomélnice) e quindi in «annali» narranti gli avvenimenti occorsi durante il tempo che regnarono. Continuati dai monaci del monastero di Neamțu colle biografie dei Principi contemporanei, si trasformano ben presto in vere e proprie «cronache». Tutta questa letteratura d’argomento encomiastico, biografico e annalistico era però scritta in paleoslavo, sicché non rappresenta che un antecedente della vera storiografia romena. Le prime cronache scritte in romeno (Letopiseți) le dobbiamo al Rinascimento italiano emigrato in Polonia con Arnolfo Tedaldi, Pandolfo Collenuccio, Filippo Bonaccorsi («Callimachus Experiens») ed Alessandro Guagnini ed affermatosi negli scritti dello Zamoyski che aveva studiato a Padova, e, di ritorno in patria, aveva chiamato non pochi professori italiani all’Università da lui fondata nella sua città di Zamoscia, dello Heidenstein e del Lasicki suoi segretari, del Kobierzycki, Koiolovicz, Kochowski, Rudowski e del celebre Zaluski, autore di elegantissime epistole latine. Codesti scritte"’ "rifluirono moltissimo sui più antichi cronisti (cronicari) moldavi Grigore Ureche e Miron Costin, che, educati in Polonia nelle scuole dei Gesuiti, furono i primi a trarre dalla cultura classica ricevuta i primi barlumi di coscienza nazionale e ad affermare l’origine latina del loro popolo. «De la Rîm ne tragem și cu a-lor cuvinte ni-i amestecat graiul» (da Roma discendiamo e di parole romane è misto il nostro linguaggio) scrive Grigore Ureche nella sua opera principale intitolata. «Domnii Tării Moldovii și viața lor» (La vita dei principi Moldavi) e la sua idea verrà sviluppata da Miron