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e, galante, in lente
antenne attente,
la discendi
e la porti pian piano
(retrospettivo pacchetto)
oltre il tempo,
oltre le mode,
a Uvedenrode.

(Trad. di Ramiro Ortiz).


Si tratta, come si vede, degli amori di due conchiglie, meravigliosamente descritti anche dal nostro Soffici (che, a dir vero, parla di «lumaconi» nostrani). L’attrattiva della poesia consiste nella molteplicità e nella rarità non forzata delle rime, nel suo ritmo di cantilena popolare, nella sua stessa oscurità, per cui è necessario rileggerla parecchie volte prima di capirla, e nella soddisfazione vittoriosa d’averla finalmente capita. Un po’ insomma come per le poesie del Valéry, matematico anche lui, ma che — siamo intesi — non ha niente a che fare con quella del Barbu.

Chiudiamo questa rassegna di poeti romeni contemporanei con Camil Petrescu, autore di umane poesie di guerra e di quel gioiello di poesia borghese ch’è «Una radura per Kiksikém» in cui canta, con accenti di freschezza primaverile, un suo gentile amore per una piccola e biondissima ungherese.

PRIMAVERA

di Camil Petrescu

S’era stati in un pantano di neve
che cominciava a fondersi
e di fango acquoso,
che scorreva a valle a rigagnoli.

Ma ora in una settimana il vento
aveva risanato la terra.

Nella trincea
camicie lavate sono stese al sole.
Negli angoli delle traverse,
sui panchetti,
buttate a casaccio,
brillano metallicamente tubi di cartucce,
baionette,
e, in disordine,
per terra, ti stan tra i piedi
sacchi di vettovaglie, vanghe e cappotti.