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Era la mano di un uomo in vita, con sofficità e color di carne viva. Ma, che cosa strana! Il Maestro diffondeva intorno a sè un’atmosfera d’irrealità, così misteriosa che le oasi del deserto di Sahara le avresti sentite più vicine a te, che non il corpo di quell’essere chiuso nel colore dell’erba autunnale, al punto da confondersi, avresti detto colla Natura.

Eran sorte le stelle su quell’angolo di mondo su cui sorgeva la casa solitaria abitata solo da alcuni sognatori. Il rumore ritmico dell’acqua accresceva la paura della solitudine e dell’inesplicabile.

— Annuccia stai vicina a me, mi par d’aver paura. Il riso cristallino dell’amica, che Irene conosceva così bene la incoraggiò:

— È possibile? Non vedi che è un uomo come tutti gli altri?

— Tu credi che sia vivo?

— Chi?

— Il collezionista.

Ma, prima che Anna potesse rispondere, un vento impetuoso cominciò a soffiare e spense tutte le stelle.

— Non vedo più nulla.

— Neppur io.

— E fa tanto freddo.

— Sento che l’acqua è vicina. La sabbia sembra umida — Io non vo più avanti; dove ci porta? — disse Anna spaventata.

— È inutile che reciti la parte di Amleto — le rispose Irene. — Qui non c’è nessun palcoscenico!

In quell’istante le due ragazze sentiron che la morte non è cosa da scherzarci su e che un’opposizione paurosa sarebbe stato lo stesso che il cattivo gusto d’un uomo senza spirito.

    Histria in Dobrugia ne fu profondamente impressionata. Sostituendo alle pietre archeologiche quelle preziose ed accentuando quell’aria di mistero che il Pârvan assumeva nella conversazione e di cui soleva circondarsi e che realmente regnava nella casetta solitaria in cui passava co’ suoi giovani collaboratori l’estate, spesso non dormendo la notte per il grande abbaiar che facevano i cani, quando qualche lupo si avvicinava al recinto; l’autrice ha ideata e scritta questa novella in cui riesce a comunicarci il brivido del mistero universale, con una nota però di commossa umanità per cui il più prezioso rubino, l’unico che mancava alla raccolta, non è altro che una goccia di sangue rappreso sul seno di una fanciulla. Questo rubino però il «collezionario» lo perde. Ad uno de’ suoi assistenti che gli propone di mettere al posto dove si trovava una targhetta con la scritta: Rubino perduto il giorno, egli risponde dopo un lungo silenzio: — «E se ne trovassimo uno più bello?». Il simbolo della novella sembra essere che non c’è pietra più preziosa di quella della vita, sia pure attraverso il dolore; che gemme preziose — quelle vive — » non si lascian chiuder nell’astuccio di una collezione, che non c’è gemma per quanto rara che non sia sostituibile con altra anche più rara e preziosa. Questa la mia interpretazione, ma la novella si muove in un’atmosfera di mistero o, per esser più precisi, in un mondo matematico all’intersezione dei due piani del reale e dell’irreale; che non permette interpretazioni troppo rigide. Ho parlato di «mondo matematico» e non a caso. L’autrice è stata parecchi anni assistente alla cattedra di geometria analitica all’Università di Bucarest. Ce n’accorgiamo anche dalla precisione veramente matematica del suo stile, che ho cercato rendere come ho potuto nella traduzione di queste pagine.