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— Ora di nuovo te ne andrai chi sa per quali strade. Sei ricco?

— No.

— Forse lo diverrai.

— Non credo.

— E allora, dico io, perchè vorresti romperti Fossa viaggiando, quando potresti startene fermo, in una casa come Dio comanda?... Io dico che mi sposi e mandi al diavolo il cavallo, la carrozza e il cocchiere. Credi che non siamo fatti l’uno per l’altra? Al contrario, staremo bene come marito e moglie. T’ho respinto questa notte, perchè non ho voluto mi prendessi per una di queste donne di poco cervello. Perchè non resti? Altri sarebbe felice di restare. Non sono povera. Hai dato uno sguardo dietro la casa?

Fin dove l’occhio arriva, mia è la terra: e quella coltivata a trifoglio, e quella a granturco, e quella dove ora vedi le stoppie del grano falciato.

Il granturco cresce nelle mie terre abbondante come l’acqua del Danubio.

Non c’è bisogno d’altro che starlo a veder crescere colla sigaretta fra le labbra. Ho anche un appezzamento di tabacco. La vigna di Rogova la venderemo, chè troppo me la saccheggiano quei ladri di Greci degli orti contigui, e ne compreremo un’altra più vicina, dalle parti delle Sorgenti nere.

Se vuoi, ce n’andremo a vivere in città, chè, una volta mio marito, potrei forse avere un’opinione diversa? Ho una sola sorella, a Broscari. Non è maritata. La prenderemmo con noi perchè s’occupasse della casa. Così potresti avermi sempre accanto a te, quando lo volessi. Denari... ho anche denari...

Ed il Sig. Aurelio, trascinato per una mano, entrò nella stanza della vedova, che, dopo aver col solito gesto civettuolo rimessa a posto l’immaginaria ciocca ribelle, sollevò il pesante coperchio di una gran cassa di Brasciòv, dipinta a colori vividi. Si curvò, mettendo in evidenza le rotondità soffici della sua persona pienotta, tirò fuori un libretto di congedo militare, dalla copertina giallastra pieno zeppo di biglietti di banca e cercò — ridendo più del necessario — di farlo entrare nella tasca interna della giacca del Signor Aurelio. Il quale non permise, ma consentì a contar lentamente il denaro, per farle piacere. La vedova rimescolò poi tutto quanto era nella cassa, ne trasse fuori tutti i suoi vestiti di festa, la biancheria finemente ricamata; le tovaglie da tavola, i tovaglioli, gli asciugamani, lutto un corredo di «borangic» finissimo a delicati ricami di una contadina più che agiata, e, per finire, trasse fuori, tenendole ciascuna in una mano, una camicia da uomo, di quelle lunghe dei contadini romeni, coi ricchi «ruscelli» in nero sulle maniche e «farfalline» (1) luminose sulle spalle e sul petto ed una cintura rossa, larga, intessuta di fili d’oro e d’argento.

— Tue sono, se vorrai, per metterle la Domenica — disse sorridendo con tutte le fossette delle guancie, con la bocca e con gli occhi e guardando in su verso il forestiero, la vedova bianca.

Il Sig. Aurelio prese la cintura e la camicia, le soppesò nella mano, ma non gli riuscì vedersi contadino...

Alzò da terra la donna che sorrideva ancora, la strinse forte contro il petto per ringraziarla del pensiero e non voleva più lasciarla andare. La donna però comprese che l’abbraccio del cittadino rappresentava un’oppo-

  1. Motivi ornamentali dell’arte popolare romena.