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Allora dai giuncheti folti una bianca
ala si levò straniera a volo
e il cigno selvatico nel gran mistero
di questo cielo, tra le stelle autunnali
si librò un istante come tenuto
da tremolanti fili d’ombra,
poi sparve con un grido così umano
che il vento spaurito si tacque ed a me l’anima
si strinse quando, verso l’orizzonte,
scivolò colle grandi ali tese
nella notte, verso una terra di luce
dal sole caldo, sotto cui colonne
nivee crescono su cui fiorisce l’acanto...

Scomparso era il candido volo nell’ombra e solo
il mio passo rompeva la solitudine.
Un faro brillò lontano. Di verso il mare
la sirena d’un piroscafo muggì annunziando la partenza.
Nella stazione di Palàs locomotive
sbuffavan lente. Passò un treno in corsa.
Sulla steppa notturna il fragore
dei vagoni si spense. Solo il mare
restò a levare il suo grido antico
sotto le costellazioni d’autunno.
Solo il mare!

(Dal volume «Limpidezze». Trad. di Ramiro Ortiz).


Ma non vogliamo lasciare la poesia di Ion Pillat senza presentare ai lettori italiani «Ilie, il pastore»:

Appoggiato al mio bastone sto ritto su tre piedi
nella mia pelliccia di pecora irsuto come un orso.
Sto qui da quando la terra sta sotto il sole...
Intorno a me son passati pecore e secoli.
E un pensiero m’è venuto nella notte lunga:
che forse anche lassù un pastore
munge tutte le pecore dell’ovile
e perciò la Via Lattea scorre in cielo.

(Dal volume «Il mio vllaggio». Trad. di Ramiro Ortiz).


Degli scrittori drammatici appartengono alla corrente tradizionalista B. P. Hăsdeu («Răsvan și Vidra»), Alexandru Davilă (1862-1929), il cui dramma storico «Vlaicu Vodà» è uno dei capolavori del teatro romeno, Mihail Sorbu (n. 1885), che con «Patima roșie» (La passione rossa) si è affermato come drammaturgo potente e vigoroso; Victor Eftimiu che con «Inșiră-te