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modellano la sua sensibilità e il suo carattere:

Io non conosco la rivolta con divincolamenti di tempesta:
la mia sensibilità scorre senza ribollir d’onde,
come i nostri fiumi si contenta e si placa
col lungo abbraccio delle sponde.
(«Pianure natie»).

Nichifor Crainic non è infatti un ribelle. Figlio di contadini, legato alla terra, ne comprende le leggi eterne, buone e sagge, lasciandosi trasportar dalle onde del fiume della vita, senza mai nuotar contro corrente, convinto che «tutto scorre» e che l’infelicità consiste proprio nel nuotar contro corrente. La stessa poesia per lui non è qualcosa di molto diverso dall’arare:

Quando tu aravi con un trillo di «dóina» in bocca,
sotto l’arco dei cieli ondulati,
ho imparato il ritmo del verso
dalla simmetria dei solchi arati,


dice al padre in quel gioiello di poesia ch’è «Il poeta», e, poco appresso:

Tu scrivi anch’oggi coll’aratro la primavera
e della terra la feconda poesia,
io — grave ma dolce — ho accettato il compito
di dipinger la divina sua grandezza.


Il suo sogno è quello del Carducci nell’«Idillio maremmano»:

Una casa — sogno bianco degli anni fuggiti —
mi par veder piegarsi un poco obliqua
sul molle pendio dell’Argeș inclinata.

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Là nella casa bianca e familiare,
sotto i rami curvi dall’abbondanza dei frutti,
ritmati da una profonda vita concorde,

· · · · · · · · · · ·

con notti tra ragnateli di silenzio,
su cui tu tessa con filo di «borangic»
bei veli fini come un soffio di zefiro,

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per avvolger l’icona di un santo martire
come faceva mia madre, quando
io ero un bimbo semplice ed ignaro

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e stanchi viatori per strade di campagna
da noi si fermino gli uni dopo gli altri
a gustar la tua voce familiare.