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età — s’eran destate tutte le voci della fede — risonanza d’una profonda eredità religiosa che si sprofondava nel passato sotto l’aspetto di innumerevoli «popi», «protopopi», monaci e pellegrini al Santo Sepolcro suoi antenati — fu presto conquistato dalla profonda commozione che la forza dell’atavismo aveva steso su tutti i suoi istinti, e, prendendo Sanda per mano, si fece largo tra la folla per avvicinarsi all’altare; poi tutti e due ascoltarono tendendo l’orecchio a capo basso in atteggiamento di preghiera, la funzione preliminare della Risurrezione... L’architetto, col viso illuminato da una luce interiore, vinto dal calore dei ricordi, riviveva nel passato gl’istanti indimenticabili di aspirazioni mistiche dolorose, di segreto ardore religioso, di fede ingenua, spontanea, irrazionale...
Quando Sanda, che s’era perduta anch’essa in una specie di fantasticheria religiosa, si volse verso di lui, vide gli occhi di Mircea Trestian brillar tra le lagrime senza che alcuna ombra di dolore ne avesse oscurata la serenità. Con uno sguardo in cui tremava tutta la tenerezza che in quel momento sentiva per lui, gli rivolse una tacita domanda ed egli rispose come sottovoce, sorridendo estatico; — Oh, nulla!... I ricordi!...
In quell’attimo le tende di seta disparvero senza far rumore e i battenti della porta imperiale dipinte con icone di santi si apersero. Dall’altare la luce invase la chiesa passando tra lo spazio vuoto rimasto tra i due battenti dorati, verso i quali si fissavan gli sguardi di tutti i fedeli... Un vescovo dai capelli bianchissimi, ma vigoroso, dalla ’ barba lunga, candida, e pettinata con molta cura, con in capo una mitra d’oro costellata di pietre preziose, dalle quali partivan raggi di fuoco, con sugli omeri una clamide di broccato a fiori di porpora e orlata d’un merletto d’oro lucentissimo; avanzò lento e solenne, scandendo ogni passo con un colpo del pastorale battuto sulla predella. Fermatosi davanti agli scalini tra i due grandi candelabri d’argento, benedisse con uno sguardo sovrano, non esente da certa teatralità, la folla dei fedeli, quindi ruppe il silenzio nella cadenza della formula tradizionale pronunziata con sonorità e fasto, mentre con cristiana liberalità tendeva verso la folla la fiaccola accesa:
— Venite a prender la luce!
Un fascio di candele si protese in fretta verso la fiaccola episcopale e fu lì lì per spegnerla... Il prelato sorrise forzatamente, poi, dopo uno sguardo di rimprovero, ritrasse la mano bruscamente, come volesse dire:
— «Accendete anche l’uno alla candela dell’altro!» — e, collo stesso passo solenne, ritmato dai colpi del pastorale sul pavimento, discese i gradini dell’altare e si diresse verso la porta del «pridvòr», attento a mettere i piedi solo sul tappetto scarlatto steso fino all’uscita come un sentiero di sangue.
(Trad. di Ramiro Ortiz).
Gheorghe Brăescu ed anzi «il maggiore Brăescu» come lo chiamano tutti (non tenendo conto della sua promozione a colonnello!) coi suoi bozzetti, novelle, e romanzi di vita militare è senza dubbio il più grande umorista ed uno dei più grandi narratori romeni contemporanei. Scrittore spontaneo e oggettivo, os-