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le monache», «L’elezione della badessa», «I discepoli di Sant’Antonio», «Ragazze e vedove», «Camere mobiliate», ecc.), si compiace soprattutto di mettere in rilievo i lati comici della vita monastica con un umorismo bonario che, mentre ride delle innocenti manie dei suoi protagonisti, ce li rende al tempo stesso simpatici; D. D. Patrascanu autore anche lui di riusciti bozzetti umoristici; I. Ardeleanu, Jean Bart (Eugen Botez), Victor Eftimiu, Al. Cazaban, ecc.

Liviu Rebreanu è senza dubbio, oggi come oggi, lo scrittore più degno di rappresentare la letteratura narrativa romena contemporanea. Il suo romanzo «Ion» in due volumi («La voce della terra» e «La voce dell’amore»), tradotto in italiano (Lanciano, Carabba, 1930) dalla signora Agnesina Silvestri-Giorgi e presentato da me ai lettori italiani, è tale opera da potersi mettere accanto alle migliori della letteratura straniera contemporanea. Il suo naturalismo è talvolta brutale, il suo stile manca di ogni lenocinio della forma: ma tutto ciò non urta; forse urterebbe il contrario. Narratore nato, creatore di un’infinità di tipi, ha meritato di essere incoronato dall’Accademia Romena, di cui ora è membro effettivo, col «Gran premio Năsturel» per questo suo romanzo che è, senza alcun dubbio, il capolavoro della letteratura narrativa romena. I romanzi successivi, ad eccezione del «Bosco degli impiccati», tradotto anch’esso in italiano da Enzo Loreti e presentato da Luigi Tonelli (Firenze, «La Nuova Italia», 1930) che, dal punto di vista dell’organicità e della tecnica, è forse persin superiore a «Ion» e di «Răscoala» in cui ha ritrovato il vigore del primo romanzo di cui è la continuazione; rappresentano piottosto degli studii e dei tentativi di rinnovamento che delle opere d’importanza capitale.

Pure, anche in «Adamo ed Èva», in cui si descrivon le successive reincarnazioni di due anime innamorate in paesi ed epoche diverse, in «Ciuleandrà», analisi psicologica impressionante di una passione che finisce col delitto e la pazzia, e in «Crăișorul» (Il piccole Re), vita romanzata di uno (Horia) e dei tre eroi contadini della rivoluzione transilvana contro gli Ungheresi: Horia, Cloșca e Crișan; si trovan pagine degne di antologia, figure magnificamente disegnate, paesaggi colti con una immedia-