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Traduciamo alcune pagine della novella «La famiglia degli Udrești»:

In tutto il distretto della Dimbovizza non c’è nessuno che non abbia conosciuto Conu (1) Costache Udrescu e credo che anche a Bucarest pochi ci sieno che non lo abbiano incontrato, visto che negli ultimi anni ci veniva regolarmente due volte al mese a farsi il bagno russo.

Conu Costache Udrescu!...

«Il nipote di Michele il Bravo!».

L’ha incontrato forse qualcuno, che abbia potuto resistere alla tentazione di voltarsi a guardarlo per ammirar quella sua bella testa da vecchio cronista medievale o per meravigliarsi di quel suo curioso modo di vestire alla moda di cinquant’anni fa, col mezzo cilindro lucido di felpa, la giacca lunga fino al ginocchio e i calzoni paglierini, color d’uovo d’anatra?

Conu Costache e la sua buffa sorella Luxizza, che non s’è mai voluta maritare ed è rimasta zitellona, sono i due soli rampolli di Negoizza Udrescu di Târgoviște, boiero di antica nobiltà, che morì verso il cinquantadue, lasciando unico erede il figlio maschio, non avendo le figlie femmine, secondo la legislazione d’allora, alcun diritto all’eredità paterna. D’altronde, anche se questo diritto lo avessero avuto, Coana Luxizza non sarebbe stata certo lei a farlo valere, lei che davanti al fratello piegava il capo come davanti all’icona, malgrado fosse più anziana di lui e gli avesse anzi fatto da mamma.

Vecchio, certo, non è sempre stato, Conu Costache!

All’epoca in cui comincia questo nostro racconto, e cioè verso il 1864, egli non aveva più di trentott’anni, e viveva insieme colla sorella, passando l’inverno nella casa paterna di Târgoviște e l’estate nella sua tenuta di Udresti a poche miglia dalla città.

«Nipote di Michele il Bravo» non era punto un grado di parentela che Conu Costache rivendicasse, ma un soprannome appioppatogli dalla gente minuta del paese, per via della sua occupazione preferita.

Conu Costache per esser «boiero» non aveva bisogno d’esser nipote di Michele il Bravo, dal momento che possedeva nello «scrigno delle pergamene», di cui lui solo aveva la chiave, il documento in piena regola, in cui si parlava non solo della sua famiglia, ma anche della tenuta di Udrești, e questo documento era di cent’anni anteriore a Michele il Bravo.

Con tutto ciò al vecchio piaceva di rintracciare nel passato i suoi antenati per ritrovar «tutta la catena», come diceva lui, degli Udrești. E a furia di correr di qua e di là, di bei quattrini, di molta fatica, e d’infinita diligenza,

  1. Titolo di nobiltà che si dava ai «boieri» e si dà anch’oggi dalle persone del popolo a quelle degne di rispetto. È abbreviativo di Cuconu o Coconu, come Coană è abbreviativo di Cucoană, o Cocoană. Diminutivi affettuosi sono: Cuconaș e Cuconiță e si abbreviano in Conaș e Coniță. In bocca ai servi corrispondono ai nostri: Signorino e Signorina con una sfumatura più decisa verso padroncino e padroncina. In Moldavia al femminile si dice duduie nel medesimo significato di Coniță. In questo brano si trovano molti titoli di nobiltà, parecchi dei quali abbiamo già incontrati e spiegati. Jupân corrisponde a un generico Padrone, Signore; Comis a Scudiero (nel senso di sovrintendente alle scuderie del Voda); Clucer era una specie di sovrintendente alla cucina del Vodă; Logofăt corrisponde a Segretario; le parole slave: biv, vel, ot, si traducono rispettivamente: ex, grande, di