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La Moldavia ha vinto da per tutto! Ho avuto questa fortuna, ho avuto la forza di far vittorioso il mio popolo!... (si volta verso il gruppo dove si trovano il Coppiere Ulea, il Siniscalco Dragan e i congiurati).

La folla. — No! no!

Stefano. — Oh bosco giovinetto!.,. Dove sono i vostri antenati? Sparsi di qua e di là... ad Orbic, a Chilia, a Baia, a Lipnic, a Soci, a Rahova, lungo il Teleajen, a Răsboieni... Dove sono i vostri padri? A Moncastro, a Catlabugi, a Schéia, a Cosmin, a Lentzesti... Dove sono... il vecchio Manuil e Iuga, e Grangur, e Gotca, e Michele il Portatore di Spada, e Ilea Huru il Capo delle mie Scuderie, e Dabog il Comandante della Fortezza, e Oanea, e Ghérman, e l’eroe della mazza ferrata Boldur?... Terra ed ossa!... E sulle loro ossa s’è adagiata e sta salda come su fondamenta solide tutta la terra della Moldavia, come su spalle di giganti! (si ferma stanco). Il respiro mi manca... Son vecchio... (fulmina con uno sguardo il gruppo dei congiurati). Ed ho cercato di unir tutti i popoli dell’Occidente in un solo pensiero, poi che mi son detto che tutti eran popoli cristiani, e i miei messi han battuto a tutte le porte, pregandoli più nel loro interesse che nel nostro a far fronte comune contro gl’infedeli (1), a rinunziare alle loro competizoni per meschini interessi di predominio e a sorger tutti insieme contro il pericolo comune, che minacciava la Cristianità... Avevan bisogno di un uomo? C’era... ci fu... Ora è malato... Accorgendomi che non mi si davan che promesse, ho cercato di riunire in un solo pensiero tutti i popoli dell’Oriente (lampeggia, piove a torrenti). Ed ho mandato i miei messi agli Ungheresi, ai Polacchi, ai Lituani, ai Russi, ai Tartari... Sentieri su lande deserte hanno aperto i miei uomini nel loro andare e tornare. E inutilmente! Accordi muniti dei loro bravi sigilli, firme vanitose... E ai patti nessuno ha tenuto fede. Vladislav? Un infingardo, un piagnoloso! Iaghellone? Servo dei preti cattolici e di Roma papale; Ivan? Uno stupido rammollito... (un lampo, seguito immediatamente da un fulmine). Quando sarò davanti a Dio, gli dirò: — «Signore, Tu solo sai che cosa c’era nel mio cuore, poi che in Te ho creduto e nessuna vanità è entrata nell’animo mio, e sono stato sempre fermo e saldo come un muro contro i pagani... Ma tutti m’hanno abbandonato... Signore, punisci i miei peccati, ma non obbligandomi a far pace coi Turchi; fa’ che io possa liberare il mio popolo! (lampi e tuoni). Bogdan, i Turchi sono più fedeli alle promesse che non i Cristiani... Ricordatevi tutti delle parole di Stefano ch’è stato il capo del vostro gregge fino all’età più avanzata... ricordatevi che la Moldavia non è stata un possedimento de’

  1. Cfr. N. Iorga: Storia dei Romeni e della loro civiltà. (Milano, Hoepli, 1928, p. 400): «L’ambasciatore moldavo, alludendo alla sconfitta di Valea-Alba, mostrò nel nome del Principe che quel che è seguito non seria intervenuto s’el avesse intexo che li principi christiani et visini soi non havesse tractà come l’hano tractà... Io cum la mia Corte hò fato quel che potè, et è seguido ut supra; la qual cosa zudego sia stà voluntà de Dio per castigarme come pecator, et laudato sia el nome suo... Non solamente non me hano aiutato, ma forsi alcuni hano havuto piacer del danno fatto a mi et al dominio mio da Infedeli... Per esser impedito el Turco con mi zà anni IV, so remaxi molti christiani in reposso”». Queste parole del documento veneziano sono state abilmente messe a contributo dal Delavrancea nella scena che abbiamo riportata, e che perciò è assai più storica di quanto non sembri a prima vista.