Pagina:Ortiz - Letteratura romena, 1941.djvu/12


— 12 —

Babbo, è venuto il momento di darmi ciò che mi hai promesso il giorno della mia nascita.

Udendo ciò, l’Imperatore si attristò assai e gli rispose:

Andiamo, figliolo, come potrei darti quello che nessuno ha mai avuto? Se te l’ho promesso, è stato solo per non farti più piangere.

Ebbene, babbo, se tu non puoi darmelo, io sarò costretto a girar tutto il mondo, fino a quando avrò realizzata la promessa fattami il giorno della mia nascita.

(P. Ispirescu, Legende sau basmele Românilor,
a cura di N. Cartojan, Craiova,
«Scrisul Românesc», 1932, p. 57. Trad. di Ramiro Ortiz).


A questo punto incominciano le molteplici avventure del Principe Azzurro, che finalmente riesce ad uccidere la Vecchiaia e la Morte e la novella termina con la formula rituale:

Ed io saltai a cavallo d’una sella
e vi raccontai la novella.

La poesia lirica romena prende le forme della «doma» (poesie d’amore e di dolore, in cui si effonde quel particolar sentimento di rimpianto caratteristico dell’anima romena ch’è il «dor» e che non trova il suo riscontro se non in parte nella «Sehnsucht» tedesca e nella «saudade» portoghese); delle «hore» (canzoni a ballo), delle «strigături», specie di grida satiriche che si emettono durante la «hora» (danza nazionale), le «cântece de lume» (canti mondani), le «bócete» (nenie funebri), le «colinde» (canti di Natale), le «cântece de stea» (canti di stella) che si cantano anch’essi in occasione del Natale dai bambini che portano in giro una stella di carta con dentro un lumicino e nel mezzo alcune immagini di santi e le «snoave» (satire popolari soprattutto contro gli zingari e gli ebrei, ma anche contro i preti ubbriaconi, le autorità del villaggio che non fanno il loro dovere, i contadini pigri, le ragazze che pensano a dipingersi il viso, ma non hanno alcuna voglia di tessere).

Diamo qui qualche esempio di «doina» e delle altre principali forme della lirica popolare romena:

DOINE

I.

Vorrei lamentarmi e non ho con chi,
vorrei lamentarmi e non ho con chi,
vorrei lamentarmi col boschetto,
col bosco poveretto.