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Egli s’irritò.
— Molti lo fanno.
— Hanno torto. Adesso ti diverti a farmi arrabbiare: verrai anche tu?
— Non ci andiamo, mamma, la zia Matilde mi fa paura, — protestò Ada agitandosi sulla sedia.
La zuppa inglese, portata trionfalmente da Anastasia sopra un piatto oblungo, interruppe la conversazione; i fanciulli batterono le mani strepitando, ma la mamma ne tagliò subito col cucchiaio la metà per serbarla all’indomani.
— Lascia che la mangino tutta, — egli disse, intenerito dalla smorfia dei bambini.
— Ma che cos’hai oggi? mi contraddici sempre.
Egli aveva mangiato quasi come al solito, obliandosi nelle abitudini di tutti i giorni, fra il pettegolezzo dei fanciulli, le chiacchiere della moglie e le osservazioni di Anastasia, che si vantava per la riuscita del pranzo. Però gli era parso che questa, di quando in quando, lo scrutasse.
— Perchè non ne mangia lei? — gli chiese infatti, vedendolo dare la propria porzione a Carlino.
Allora Ada s’ingelosì.
— Lascia lascia, egli è più piccolo di te.
Ma sulla fine dei pranzo l’allegria scemava. I fanciulli non gridavano più, sorvegliandosi a vicenda, malgrado l’attenzione che mettevano a forbire il piatto della crema; Caterina, ricaduta nella preoccupazione della zia Matilde non parlava.
Improvvisamente egli si sentì scoppiare il cuore: non esisteva già più per loro.
— In quale stato pranzeranno domani!
Eppure nulla era ancora mutato intorno. La saletta, quieta come sempre, aveva la stessa aria di