Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— Stamane alle nove debbo andare dalla zia Matilde coi bambini; dovresti venire anche tu. Metterò l’abito rimodernato. Perchè non mi hai portato un mazzettino di viole in tela? Sono di ultima moda e costano quasi nulla.
— Come potevo pensarci?
— Ma che cos’hai? — tornò a chiedere con uno scoppio improvviso.
— Lasciami dormire.
— E se non lo volessi?
Egli era finalmente riuscito a voltarsi, e pensava:
— Se adesso suona l’orologio della piazza, siamo daccapo.
Attendeva raggomitolato colla testa mezzo coperta dalle lenzuola, benchè nella camera facesse caldo; il cuore gli batteva impetuosamente.
Aveva compreso che tutte le forze stavano per venirgli meno, e quell’interrogatorio così insignificante della moglie lo avrebbe con altre poche domande fatto scoppiare in pianto. Un desiderio spaventato gli cresceva ad ogni minuto di essere solo nel letto per ravvoltolarsi strettamente nelle coperte, col volto schiacciato nel cuscino.
Caterina si voltò dall’altro lato, e poco dopo si riaddormentò.
Egli vegliava cogli occhi dilatati, in ascolto del più piccolo rumore; dall’uscio dell’altro stanzino, ove dormivano i bimbi, si udiva russare Anastasia; un tenue filo di luce passava per una fessura della finestra, e si perdeva nel buio della camera senza rischiararvi alcun oggetto.
Gli parve di aspettare: che cosa? Non lo sapeva; ma il letto lo stancava invece di riposarlo. Una smania gli veniva dallo stomaco a tutti i muscoli,