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sempre. Siccome l’altro si levava il cappello, anche lo strozzino salutò; allora la sua fisonomia divenne così caratteristica che Romani ebbe quasi paura davanti a quella testa pelata, piatta, con pochi capelli incollati sulla fronte, come una testa di magro avoltoio.
Il dialogo aveva cominciato stentatamente.
Poi una disinvoltura quasi spavalda gli era venuta improvvisamente, presentando quella cambiale falsa, ma colla firma imitata benissimo; lo strozzino avrebbe dovuto comprendere che colla firma di un tal signore non occorreva certo rivolgersi a lui per lo sconto; non di meno la sua fisonomia, ancora più chiusa in quel momento della sua cassa forte, non esprimeva nulla. Guardava attentamente la cambiale.
— Desiderereste per caso una firma migliore? — Romani credè di poter aggiungere scherzando, mentre un sudore freddo gli inumidiva istantaneamente tutta la pelle.
— Sconto del dodici per cento: impossibile a meno, lo sapete.
E lo strozzino aveva riabbassato gli sguardi sulla cambiale.
— È troppo.
— Presentate ad un altro la vostra cambiale; del resto ha una firma, che vi fa onore.
Vi era un doppio senso in queste parole?
L’altro si era affrettato a cedere.
— Ebbene, ripassate oggi alle due — soggiunse lo strozzino, mettendo accuratamente la cambiale in una casella del vecchio portafogli, che portava in tasca: adesso non ho pronto tutto il danaro.
Romani aveva avuto come una vertigine; guardava