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i pettini, le forcelle e gli sfumini per pinturicchiarsi la faccia, c’erano tre o quattro fotografie di uomini e di donne.
Egli ne prese una.
— Dove sarà costui adesso?
— Chi lo sa!
— Eppure è stato il tuo amante! — sospirò tristamente.
— Vorresti che mi seguissero tutti? — ella rispose con uno scoppio di riso.
Capiva di essere assurdo, eppure la volgarità di quel finale gli faceva una pena infinita. Quella mattina le aveva portato centocinquanta lire, delle quali la ragazza diceva di essere in debito col direttore: il danaro era ancora sul comò.
— Mi verrai a trovare?
— Sì.
— Non ti credo. Voi altri uomini dimenticate anche più presto di noi altre; poi tu hai paura della moglie.
L’ultima sera, in teatro, mentre il pubblico fingeva allegramente d’entusiasmarsi in quella rappresentazione di addio, egli si sentiva il cuore così grosso che avrebbe quasi pianto; invece gli toccava di vociare in mezzo agli amici per non attirarsi i loro sarcasmi, e nemmeno vi era riuscito. La compagnia partiva la mattina col primo treno delle quattro; ma non ostante tutte le promesse, quella notte la ragazza non volle riceverlo: egli ne rimase furioso. Stette insino all’alba per i caffè, e andò con altri due nottambuli alla stazione per vedere la partenza.
Era già dimenticato. In quel trambusto, tra i fagotti, le valigie e tutti quegli uomini e quelle donne sonnacchiose, malvestite, affaccendate intorno alle