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di gente, morta o agonizzante come lui unicamente per mancanza di danaro, l’aveva ripetuta variandola indarno per tutta la gamma degli accenti, senza ottenere una risposta; lo strazio di quasi tutta l’umanità non aveva ancora meritato, nonchè la soluzione, una tregua al problema. Da due ore si sentiva sempre più venir meno sotto l’oppressione di tale necessità, come sotto un peso, che gli produceva sull’animo gli effetti dell’asfissia.
Si era tolto, senza accorgersene, dalla finestra e passeggiava per lo stanzino; fortunatamente le sue scarpe non scricchiolavano.
In quella visione netta della soverchiante importanza, che il danaro ha nella vita, e della impossibilità di attirarlo per meriti di virtù o di dolore, si era rivolto immediatamente col pensiero alla vendita del podere per fuggire in America. Ma lì pure si trovava a fronte dello stesso muro; il podere, che poteva valere dalle trentacinque alle quarantamila lire, era coperto di ipoteche, così che vendendolo onoratamente gli sarebbero forse rimasti cinque o sei mila franchi. I compratori non mancavano. Ferdinando Storchi, fra gli altri, l’occhieggiava da un pezzo; però un podere non si vende al mercato, come un paio di buoi, intascandone subito il prezzo, solo coll’abbandonare al compratore un paio di scudi. Anzi i quattro buoi del podere non erano nemmeno suoi, ma da tre anni del contadino. La casa pure aveva due ipoteche addosso per quasi cinquemila lire, e sarebbe stata più difficile a vendersi nel deprezzamento graduale di tutti i fabbricati da qualche anno: già la tassa medesima bastava oramai a divorarli. Non aveva altro; i mobili dell’appartamento non contavano, il suo credito era esausto: a far