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di un espediente. Uno stesso smarrimento gli confondeva ragione e fantasia, così che non poteva seguire nemmeno la più semplice combinazione di sogno, o conchiudere il più volgare dei ragionamenti: capiva solo che niente e nessuno verrebbe ad aiutarlo, poichè si era consapevolmente posto in tale condizione. La sua testa, d’ordinario tutt’altro che potente, trabalzava di visione in visione, sfuggendo a quella dello scandalo in piazza con un più acuto terrore dello scandalo domestico, senza potersi ancora fermare al perchè di quella anticipazione, e come mai la cambiale fosse stata presentata al pretore due mesi prima della scadenza. Egli aveva già indovinato il colpo: era stato il Bonoli, socio secreto dello strozzino, freddamente perverso e ricco, ad affrettare la catastrofe. Infatti si era ricordato subito, sebbene confusamente, del suo ultimo saluto incontrandolo alla stazione sulle mosse per Firenze due giorni prima. Allora ne aveva provato dentro come un dissolvimento di tutto se stesso, ma nessuno si era accorto di nulla, ed egli non ci aveva pensato oltre. Il Bonoli doveva aver imposto ciò allo strozzino, giacchè questi non lo avrebbe forse fatto di per sè, anche per non aumentare in paese le proprie antipatie, contentandosi di acquistare a buon mercato il podere. Tutto ciò gli rimaneva non pertanto torbido nella testa. Non si era nemmeno fermato al solo espediente discutibile: partire per Firenze, presentarsi al conte Zoli, ex-deputato della città, un signore malaticcio, vecchio, infelice per la moglie e senza figli, confessargli il sopruso di quella firma falsa e scongiurarlo di riconoscerla per vera. Infatti era imitata abbastanza bene, perchè ciò fosse possibile senza troppo scandalo. Ma