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saluto frettoloso. Tutti avevano da fare, ognuno pensava a sè.

Si era sentito respinto, isolato. Ma siccome era sabato, e in quel giorno tutti i mercanti e gli uomini d’affari affluivano a Bologna dalle città vicine, vi aveva incontrate molte, troppe conoscenze.

— Oh! come, anche tu?

Altri discorsi insulsi, strette di mano, qualche vanteria dei minori commercianti, ai quali pareva d’ingrandire mostrandosi ad un concittadino in quel giorno a Bologna. Parecchi sfaccendati erano venuti per ozio o per capriccio, il Mercato di Mezzo era pieno. Quindi aveva dovuto andare a colazione con un gruppo di amici, tutti della propria città, una colazione rumorosa, vanagloriosa, perchè la sera ne avrebbero parlato certamente nel caffè Gritti. Però quel chiasso lo aveva rinfrancato.

Adesso, invece, uno scoramento lo riprendeva, sebbene nessun pericolo vero lo minacciasse ancora; era dissestato da gran tempo, ma s’ingegnava sempre per andare innanzi, riuscendovi non senza pena, con abbastanza disinvoltura. Aveva vissuto comodamente colla famiglia, accettato, stimato da per tutto più di quanto la posizione lo consentisse. Questo, che era stato sempre il suo vanto secreto, gli si mutava ora in rammarico, quasi solamente dopo quella triste giornata di disillusioni e quel ritorno in ferrovia, solo in un vagone di seconda classe, perchè tutti gli altri amici erano già partiti col treno antecedente, gli si rischiarasse entro l’oscurità silenziosa della strada, improvvisamente, il problema della propria posizione.

La strada era sempre così deserta, il rombo del fiume cresceva. Si fermò per accendere un sigaro