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oscura, poi l’appartamento al primo piano, dove abitava con la moglie e due bambini. All’altro, stavano due famiglie, quella di un calzolaio, e un vecchio prete con una serva.
Gli parve improvvisamente di aver freddo; un passo risuonò lontano, dietro di lui. Qualche soffio agitava l’aria; dal selciato disuguale, a ciottoli, tratto tratto raggiavano baleni sull’umidore lasciatovi dalla pioggia, mentre il rombo del fiume fuori dalla barriera si faceva a mano a mano, più distinto.
Allentò il passo. Altri brividi lo scossero e, daccapo, risentì più greve quel peso, sotto al quale era quasi venuto meno tutto il giorno; non si ricordava di cosa alcuna distintamente, ma era come una stanchezza senza motivo, un’inquietudine tratto tratto percossa da paure inafferrabili come quei suoni fantastici, che talora sembrano batterci sull’orecchio, girando di notte per la campagna. Quella giornata non era certo stata buona: a Bologna aveva fallito l’ultima combinazione, cui intendeva da parecchi giorni, e che l’avrebbe rimesso a galla lasciandogli forse il modo di riordinare i suoi affari sconquassati. Poi aveva meditato, tentato altri espedienti presso alcuni vecchi amici della grossa città, nella quale aveva studiato due anni da giovinetto: aveva corso da una strada all’altra, salito parecchie scale, per concludere sempre allo stesso modo. Quegli amici avevano quasi tutti cambiato abitazione da lungo tempo; alcuni non erano in casa, altri non l’avevano ricevuto o, ricevendolo, si erano mostrati così freddi che gli era caduto improvvisamente dal cuore il coraggio di ogni domanda. Erano state al solito interrogazioni e risposte insignificanti, qualche complimento volgare, e infine un