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Si rideva: altri sarebbero partiti con lui per Modena, avendo in tasca i cinquanta franchi, meno ancora per ascoltare la musica del Lohengrin che per il piacere della gita.
Allora Romani ebbe un impeto di sdegno.
— Perchè spendere cinquanta franchi? Sono cose che bisogna lasciarle fare ai signori.
— Ai signori! — un altro replicò celiando — ma sono un signore anch’io, quando spendo cinquanta franchi in una sera: vuol dire che per quella sera ho cinquanta franchi di rendita.
Tutti risero.
Romani si accorse trepidando di essersi lasciato trasportare dalla collera contro quella falsa facilità del vivere, che lo aveva condotto all’ultimo punto: quindi per distrarre l’attenzione rimise il discorso sul Lohengrin. Allora tutti protestarono: non sarebbe mancato altro che, non potendo assistere alla rappresentazione, ne avessero dovuto subire la disquisizione da Cavina.
Ma questi, che parlava benino, non resistette; da pari suo aveva letto troppo o si ricordava abbastanza le spiegazioni del mito lohengriniano.
— È un gran bel finale, — concluse dopo non molto, giacchè s’imbrogliava nel patto fra Elsa e Lohengrin; — nessuno muore, eppure è una tragedia. Lohengrin ritorna in cielo col cigno: è un motivo, che fa venire la pelle d’oca, lo stesso motivo, col quale viene rimandato il cigno nel primo atto; ma nessun musicista avrebbe mai saputo trovarne uno uguale. Poi è di una naturalezza! — seguitò animandosi: — Lohengrin canta perchè non deve morire, mentre in tutti gli altri finali italiani si ammazzano il tenore e la donna obbligandoli a cantare