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te le ore occupate e si tenevano l’un l’altro compagnia. Egli invece, solo con don Riva, finirebbe come lui. Il vecchio prete peggiorava tutti i giorni, giacchè avendo bisogno di cibi sostanziosi non ne aveva neppure abbastanza di quelli più ordinari, e gli altri preti lo sfuggivano appunto per la sua miseria; mentre il vescovo, arricchito per la terza volta da un’altra eredità di centomila franchi, fingeva d’ignorare come l’antico professore di filosofia nel seminario morisse quasi di fame. Adesso per condurlo a spasso bisognava dargli il braccio portandolo quasi di peso, quantunque Giannino anch’esso male in gambe si sentisse soventi la schiena bagnata da cattivi sudori.
Una domenica fuori di Porta Pia, mentre passavano lentamente dinanzi alla bottega dei sali e tabacchi, il vecchio ritirò il braccio disotto al suo, ed appoggiando ambo le mani sulla canna disse col viso quasi nascosto dietro il bavaro rialzato del soprabitone:
— Pagami un soldo di caradà... non ne ho... non ne ho!
Il ragazzo provò alla gola uno stringimento improvviso di pianto a quella voce così sorda, ed entrò nella bottega.
II.
Nell’estate dell’anno seguente don Riva morì.
Durante gli ultimi due mesi, nei quali non potè più alzarsi, nessuno era venuto a trovarlo tranne don Costantino, il parroco, e Giannino. La più squallida miseria rendeva freddo quel pianterreno sempre un po’ umido, colle finestre sopra un cortile stretto come un pozzo, dal quale sorgevano esa-