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toeletta con Clelia, la cameriera di confidenza, che, al corrente di tutto da un pezzo, non ne avrebbe fatto alcuna meraviglia.

Ella gli pose per risposta la mano sulla bocca.

— Se invece della festa rimanessimo qui insieme fino alle undici? Poi tu vai a letto ed io faccio altrettanto: lo faresti per me un simile sacrificio? La proposta era così stravagante che l’altra non la comprese nemmeno.

— Vattene, è già tardi.

— No, ti aspetterò qui. Voglio vederti prima di tutti gli altri.

Ella non badò al tono freddo di quelle parole.

Appena rimasto solo, Lelio si voltò verso lo specchio e vi si scorse livido di collera: il gabinetto poco illuminato da una lampada sopra un alto piede dorato, coperta di trine, pareva più piccolo; egli le sollevò dalla grossa palla di vetro appannato gettandole sopra una poltroncina, e in quella luce più viva tornò a guardarsi.

Eppure gli pareva d’essere bello, almeno più che il principe Giulio e quell’altro della canonichessa, dalla quale aveva così tardi e forse a stento ricevuto l’invito alla festa.

Perchè dunque la principessa Irma non lo amava? La puerilità di questa dimanda, che non avrebbe osato rivolgere a nessun altro, in quel momento lo fece soffrire.

La sua anima degna di più alte passioni si trovò daccapo in quel gabinetto minuscolo, di un lusso raffinato ed insignificante come la vita della donna, dietro la quale egli si perdeva da un anno; si rammentò tutto, il primo incontro, la gita a Cà de’ Varchi, la scena violenta dietro al fienile, tutta la serie dei minimi drammi, i ripicchi, le carezze,