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Ella era inesauribile di frizzi sulla canonichessa, come aveva subito battezzata la rivale, ed inventava i più perfidi aneddoti sulle sue esigenze di moglie.

Solo la contessa Ghigi dall’alto della propria bellezza difendeva la straniera.

— Essa sarà una virtù: il principe aveva bisogno di trovare una donna simile.

— Badate, contessa, che la frase non sia troppo esatta — insinuò malignamente il conte Turolla.

Ella comprese allora il doppio senso delle proprie parole.

— Le virtù sono belle — disse la principessa Irma.

— Per questo vi è un piacere così irresistibile a farle perdere.

— Ah! ma tacete, siete orribili voi altri uomini colle vostre massime.

— Credete che anche il principe diventerà un grande virtuoso? — chiese Lelio.

— Perchè no?

— Infatti gli basterà per questo rimanerle fedele.

Il motto era così mordace che la principessa Irma gli si volse sorridendo. La loro amicizia tornava quindi a riscaldarsi, ma l’altra, accecata da una inesplicabile rivalità contro la cultura forse troppo vantata della canonichessa, seguitava a tradirsi.

— È già annunziato un suo articolo sul Vascello fantasma: badate, signor Fornari, voi che non siete un wagneriano.

— Come! — gli gridarono tutti, benchè lo sapessero già, ma in quell’anno l’entusiasmo per Wagner arrivava alle esagerazioni di un’ultima moda nella buona società.