Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
tite di caccia, io resterò sola, vieni. Sei stato a Parigi? La vedrai, è la sola città dove si viva.
Ma egli si era fatto anche più triste di quanto avrebbe voluto mostrarlo.
— Debbo andare in campagna a scrivere un libro.
— Lo scriverai dopo.
— Non posso.
— Lo hai già impegnato col tuo editore?
La semplicità di questa domanda parve all’altro un insulto.
— Sai bene che non scrivo per commissioni — ribattè seccamente.
Non si era ancora seduto.
— Ah! Noi partiamo giovedì immancabilmente.
— Addio — egli disse tendendole la mano.
— Ma perchè mi lasci così? Quando ci rivedremo?
— Al mio ritorno a Bologna quest’inverno.
— Non prima?
— Forse che tu lo vorrai?
— Oh! — esclamò finalmente — ma sei uggioso col tuo tono!
Gli voltò le spalle con atto nervoso, ma l’altro non sapeva più andarsene. Una mollezza lo aveva preso in quel gabinetto tutto pieno di fiori e dell’odore di quella donna così adorabilmente fatua e voluttuosa; si sentiva vinto, finito.
Una malinconia di abbandono come un anticipo della tristezza che lo aspettava alla villa in compagnia del vecchio padre, prostrava in quel momento tutto il suo orgoglio giovanile.
— Hai freddo stamane: che ti faccia accendere il fuoco? — ella si volse gaiamente.
— Allora io parto oggi stesso — egli disse.
— Subito?