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mai in quella costante famigliarità creata loro dai rapporti mondani: egli invece doveva già affrettare il proprio ritorno in campagna per non ingrossare troppo i primi debiti contratti nella necessità di frequentare quegli ultimi mesi più assiduamente i massimi saloni bolognesi. La principessa, vana e dissoluta come quasi tutte le sue pari, aveva invece voluto prenderlo al modo che si spicca un frutto da un albero: per curiosità gelosa, convinta di fargli lo stesso onore della contessa Ghigi alla propria balia in quella visita di tutti gli anni.
I due strisciavano lungo i muri nell’ombra senza voltarsi. Per un momento pensò di fare uno scandalo coll’oltrepassarli, fermandoli magari con qualche ironica trovata, ma se ne vergognò quasi subito: sarebbe stato un confessarsi ridicolamente geloso, poi tutta Bologna sapeva che il principino in altra occasione aveva dichiarato di non battersi per motivi di religione. E soprattutto a che pro, dal momento che non amava? Tuttavia si era loro appressato. Adesso non perdeva una mossa di lei, avrebbe quasi scommesso d’indovinare anche le sue risposte; passava poca gente, nullameno qualcuno si rivoltò ad osservarli avendoli forse riconosciuti. Dopo parecchi giri e rigiri arrivarono alla Seliciata di Strada Maggiore, nella quale stazionavano parecchi fiaccheri, e semplicemente, temerariamente salirono sul primo, un brougham.
— Con me non lo farebbe. Ah! glielo domanderò.
Invece l’indomani appena entrato nel suo gabinetto ella gli disse che andava a Parigi col principe Giulio.
— Vieni anche tu?
L’altro si sentì come una stoccata nel petto.
— Perchè? Giulio è invitato a due lunghe par-