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— Cattivo! — mormorò con voce spenta; poi con una dolcezza inesprimibile: — Mi ami? — ripetè stringendosi sotto al suo sguardo come una colomba.
Una grande rosa purpurea le profumava i capelli; Lelio sentì di non poter resistere alla seduzione, e colla sua precoce esperienza cinica di romanziere, invece di renderle il bacio, le strinse con una mano quanto più potè di carne sotto il busto.
Ella si allontanò tutta ilare per andarsi a poggiare dietro la sedia del marito, che giocava a scopa colla contessa.
— Ha il sette bello, sai.
— Vuoi dunque rovinarmi in tutto? Ella cercò maliziosamente gli occhi di Lelio, che rimase impassibile.
Ma quando egli uscì dal palazzo circa sulla mezzanotte per tornare a casa, avendo già con lei un appuntamento per l’indomani, un’amara rampogna gli strinse il cuore, di aver sperato per un istante qualche cosa di più nobile in un amore di principessa.
Lelio non era geloso: fosse albagia di carattere o freddezza di cuore, non aveva ancora amato davvero attraverso le sue molte avventure femminili. Eppure dal fondo della sua anima si levavano spesso impeti tempestosi di passione che lo facevano urlare come un perduto nel primo sbigottimento della solitudine, quando la paura non ha ancora uccisa la speranza. Ed erano invocazioni deliranti di dolore, appelli forsennati di una voluttà, cui nulla aveva mai potuto appagare, e che riprendevano talvolta le vie del cielo come un ritorno mistico a Dio, il tormentatore che consola anche quando vuole distruggere la propria creatura.
Ma appena di fronte alla donna lo riprendeva