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le tutte le sue resistenze di donna svanivano, mentre una paura orribile, inutile le cresceva dalle voci parlottanti sempre all’altro lato.
— No! — rantolò ancora sentendosi ardere improvvisamente i ginocchi da un raggio di sole, poi credette di svenire nella sensazione delle punte, che le foravano gli abiti sottili e le mani.
Non era forse stato più di un minuto.
Ella si ricompose per la prima, vinta, offesa, guardando istintivamente il cane, che non si era mosso; Lelio più sbalordito non riusciva a parlare, poi delicatamente, con due dita, le trasse una festuca dai capelli.
— Questa la conserverò — disse finalmente.
— Oh! — ella esclamò con accento tremulo e guardandosi intorno — se...
— Io arrischiavo la vita, voi no — rispose l’altro superbamente.
— Bestiaccia!
— Perchè dunque vi pare così brutto questo povero cane? — ribattè Lelio ad alta voce per farsi udire dall’altra parte. — Non gli guastate l’unica festa dell’anno: vedete bene che anche in questa gli toccano solamente le ossa.
Questa disinvoltura finì di vincerla: Lelio calmo non si affrettava a ritornare dall’altro lato.
— Andate, andate — ella diceva affannosa.
— Perchè? — rispose gettando un sorriso trionfante d’ironia attraverso il fienile.
— Oh! Lelio! vai.