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tore: il principe Giulio presente all’invito domandò di esservi compreso, perchè sarebbe stata per lui una eccellente occasione per apprendere se in quelle colline vi fossero delle quaglie. Lelio Fornari sopravvenne in quel punto. Ma la contessa Ghigi sembrava poco disposta ad accettare il marito dell’amica per non turbare il carattere di quella visita: i contadini avrebbero avuta troppa soggezione, e la piccola festa sarebbe diventata un’ordinaria gozzoviglia di signore in campagna.
— Io sono cacciatore, trattatemi a pane di granturco: non sarà la prima volta che ne mangio — insisteva il principe.
— Niente, poi nella calesse non ci si cape in più di due signore.
— Ebbene, un’altra idea: vi raggiungeremo lungo la strada, magari solo al podere, io e il signor Fornari. Ella accetta, non è vero, signor Lelio? sul mio biroccino da caccia. Oh! vi attacco sempre delle rozze, io vesto male anche in città, quei contadini non mi riconosceranno.
— Ma il signor Fornari — intervenne la principessa — consentirà a non essere elegante? Io — aggiunse ironicamente — mi farò prestare un abito dalla cameriera.
— Io invece verrò in maniche di camicia — ribattè Fornari sul medesimo tono.
La contessa rise, la partita era vinta: Lelio e la principessa si guardarono negli occhi, quindi si separarono senz’altro.
L’indomani sul mezzogiorno, perchè le signore malgrado tutte le vanterie della sera innanzi si erano alzate tardi, la contessa Ghigi e la principessa Irma arrivavano al podere Cà de’ Varchi al disopra della vecchia badia, precedute dal principe Giulio e da Lelio Fornari montati sopra un rozzo bi-