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Egli ridiscese verde di sdegno per tentare d’incontrarla: infatti sulle cinque la vide sotto al Pavaglione, dentro la pasticceria di moda, fra un circolo di eleganti e di signore, che ridevano. Egli passò e ripassò davanti alla vetrina tutta piena di scatoline in raso a dolci colori, quasi aspettando un richiamo; finalmente spinse la porta.
La sua faccia pallida colpì tutti.
— Guardati! — gli si rivolse il conte Turolla accennandogli uno dei grandi specchi, sotto il quale la principessa seguitava a ridere senza aspettare il suo saluto.
Lelio s’accorse di essere vicino a commettere una odiosa sciocchezza: con uno sforzo supremo di volontà costrinse la propria collera ad abbassarsi e mirandosi nello specchio rispose:
— Hai ragione, ho lavorato tutta la notte.
La principessa si alzò gaiamente per contemplarlo nello specchio invece di guardarlo in faccia: un’altra risata accolse questo scherzo, ma Lelio rimesso del tutto si era già tratto il cappello e le tendeva la mano. Ella la strinse come al solito.
Poi si levò proponendo a tutti quei giovani di accompagnarla in un giro lungo tutto il Pavaglione; Lelio si era rivolto a proposito verso il banco per ordinare un vermouth chinato.
— Non viene lei, signor Fornari? — gli domandò con accento vibrante di sottile ironia la principessa.
— Mille grazie, ma ho un altro appuntamento.
— Con chi era il primo?
— Potrei forse dirlo se fosse andato a vuoto.
— Altrettanta fortuna pel secondo — rispose dall’uscio salutandolo con un gesto amichevole.
Egli si morse le labbra per rattenere una ingiuria plebea.