Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/39

Poi quella nuova avventura finirebbe forse per costargli al di là delle proprie risorse, giacchè le signore molto ricche nella loro ignoranza del denaro non s’immaginano mai quali difficoltà possa incontrare un amante, povero o quasi, nel seguire il loro meno signorile capriccio. Ma una voglia sensuale gli mordeva tutti i muscoli di stringersi finalmente sul petto, in un delirio di prepotenza, quella duttile donnina dalle movenze così voluttuose e l’espressione così multipla della fisonomia. Se non era una gitana, come le aveva detto temerariamente al veglione, aveva però qualche cosa della razza zingaresca; non era nemmeno molto pulita nella pelle e nella biancheria, si pettinava colle dita attorcigliandosi i capelli sulla nuca e fermandoli quasi sempre con un fiore. Poi a certe ondulazioni del suo passo o nell’abbandono di alcune pose balenava una lubricità, che turbava persino le fanciulle ancora condannate alla modestia di educande sotto l’occhio vigile della madre.

Domani lo riceverebbe sola? In questo caso egli aveva già deciso, sebbene gli tremasse ancora qualche dubbio nel cuore, di arrischiare tutto per tutto, giacchè con una donna simile le misure ordinarie della galanteria non dovevano valere; ella avrebbe forse ceduto ad un assalto subitaneo, o magari resistendovi, lo stimerebbe doppiamente per quell’audacia.

Quindi l’indomani, in soprabito e cilindro, un po’ pallido per la notte d’insonnia, salì lo scalone del palazzo Montalto: la principessa era uscita.

— Da poco? — chiese imprudentemente.

— Or ora — rispose il cameriere gallonato che gli aveva aperto la grossa porta dell’appartamento: nell’anticamera si vedevano quattro enormi casse intagliate del quattrocento.