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tò che la principessa allontanandosi al braccio dell’amica lo sorvegliava in uno dei grandi specchi della parete, e allora finse abilmente di ammirare la superba figura della contessa. Poco dopo vennero a cercarlo per una sciarada: ma nell’andarsene la principessa gli disse che tutti i giovedì restava in casa per ricevere gli amici. Egli vi andò una volta, vi trovò un mondo di signore, e non si fece più vedere.

Ella gliene chiese il perchè.

— Come potete ricordarvi di me in un giorno, nel quale dovete rispondere ai complimenti di tutta Bologna?

— Appunto perchè non me ne fate mai: li aspetto sempre.

— Ne volete domani? Verrò a trovarvi sulle tre.

Ella ebbe un delizioso sorriso di accettazione, gli tese la mano e la lasciò per qualche secondo nella sua; a Lelio parve che la sottile manina si schiacciasse sotto la sua stretta con una mollezza di seta, ma erano sotto il portico del Pavaglione e dovettero separarsi per non attirare troppo l’attenzione della gente. Ella si rivolse due volte a guardarlo.

Quella notte Lelio non dormì. Nel suo appartamentino di due stanze appena, una da letto e l’altra da studio, che gli costavano una sessantina di franchi al mese, fece ad occhi aperti i sogni più strani, trovando sempre nel fondo di ognuno la medesima amarezza.

La principessa era troppo ricca per poterla solamente invitare in quelle due camerette ammobigliate, delle quali il tappeto mostrava la corda e i mobili scompagnati raccontavano troppo chiaramente le loro ultime vicende nei magazzeni dei rigattieri.