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rono, mentre il sorriso le si irrigidiva sulla larga bocca sensuale.
— In questo momento i vostri occhi hanno avuto una di quelle ondulazioni luminose, che dal mare sembrano perdersi nella luce del cielo.
— Tornate poeta.
— Con voi lo si diventa.
— Non avete voluto venire a pranzo? — lo interruppe bruscamente.
— Troppo poco.
— Perchè vi aveva invitato solamente mio marito?
— Fors’anche.
— Se vi invitassi io?
— Provate.
— Non proverò.
— Proverete.
— Testardo!
La contessa Ghigi li separò; ella si avanzava verso di loro vestita di un cupo abito rosso scollato, che lasciava vedere tutta la prestigiosa bellezza delle sue spalle. I suoi grandi occhi neri lucevano senza ardere.
— Parlate d’arte? — ella disse col suo sorriso sempre un po’ ingenuo e cortese d’intenzione.
— La principessa non ama nè l’arte nè gli artisti.
— Che ne sapete? — questa proruppe.
— Tutto quello, che voi stessa mi avete detto: detestate i romanzi scritti, come ne amereste gli autori?
— Oh! alcuni possono essere amabili — ribattè la contessa senza accorgersi del loro imbarazzo.
— Non saranno amati per questo.
Altre signore interruppero il dialogo: Lelio no-