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lunque altro uomo sino alle conseguenze più pericolose; ma i saluti e i sorrisi della principessa, appena tornata da Roma, lo avevano daccapo imbrogliato. Perchè civettava ella così pubblicamente con lui? A teatro lo cercava insistentemente col binoccolo, gli sorrideva, una volta aveva persino risposto al piccolo saluto, col quale egli provocantemente aveva osato affettare verso di lei una ingiustificabile intimità. Poi all’uscita, nell’atrio, passando a braccio del marito, gli aveva rivolto un cenno confidenziale.

Egli fremente si era slanciato per seguirla, ma non aveva potuto scorgere dal portico troppo gremito di gente che allontanarsi la sua carrozza; poi l’indomani era ripassato almeno dieci volte sotto le alte finestre del suo palazzo nella inutile speranza di vederla. Oramai molti si erano accorti di questo maneggio, e colla facilità del pubblico ad accrescere il numero degli amanti alle dame della grande galanteria avevano fatto a Lelio Fornari i primi complimenti insidiosi sulla sua nuova conquista. Invece egli credeva di sapere molto esattamente che la principessa era ancora in relazione con un principino della città, bel giovane magro, di un’antica famiglia rovinata, e che un matrimonio avrebbe un giorno o l’altro rimesso a galla. Si erano narrati particolari su particolari di quell’amore. Ella imprudente talvolta sino alla sfrontatezza si era mostrata con lui dappertutto, ad ogni ora, di notte e di giorno, per le stradicciuole remote e sotto i portici del Pavaglione: aveva persino viaggiato sola con lui da Bologna a Milano, mentre il marito stava a Roma. L’altro, geloso di quanti le facevano la corte, avrebbe voluto abbandonarla cento volte, ma ritornava sempre ai suoi piedi, piangendo, vinto da una malìa impudica, alla quale tutti non