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guardare, avendo già rinunciato internamente a quella presentazione.
— To’! non ceni? — gli chiese gaiamente un maestro di pianoforte, allegro giullare torinese non senza qualche piccola qualità di artista, che divertiva tutte le signore di Bologna.
— Non ho fame.
— Sei innamorato? Ah! tu no, me lo ero scordato.
— E tu dove ceni?
— Dalla contessa Ghigi, la divina; dev’essere laggiù nell’ultima saletta colla principessa Montalto, la marchesa Ruffoni e la signorina Antici. Me lo hanno detto. Tu non conosci alcuna di loro?
— Alcuna.
— Vuoi che ti presenti?... fra noi artisti....
Lelio Fornari frenò a stento un sorriso di albagia.
— Come vorrai.
— Allora vieni con me.
— Alla loro tavola?
— C’inviteranno: ci vado a posta.
— Tu puoi farlo, io no; non le conosco.
L’altro s’ingannò sul tono sardonico delle parole.
— Dopo, non mancherà tempo. Quale ti piace di più?
— Nessuna veramente.
— Io preferirei la principessa come donna.
E il giullare commentò questa preferenza con un gesto lubrico.
— Allora presentami a lei.
— Ciao.
Lelio Fornari tornò nella sala del caminetto. Il giovane deputato, in colloquio grave col prefetto,