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dando al suo sorriso una bontà giuliva di mistero. Perchè mai lo guardava così? Avevano esse parlato di lui? La sua immaginazione eccitata dalla febbre del digiuno gli persuase che la vecchia signora aveva raccontato alla fanciulla tutta la miseria di quella sua vita d’artista col cuore vuoto come le tasche, in preda ai più strambi deliri della fame e dell’amore. Anch’egli era solo nella vita, più solo di quelli che hanno tutto perduto, giacchè non aveva mai avuto nulla, aspettando sempre indarno qualche cosa o qualcuno. Ma chi era quella fanciulla? Come si chiamava? Dopo aver pensato lungamente concluse che si sarebbero riconosciuti infallibilmente in qualche luogo, poichè ella doveva averlo veduto in quella strana visita e non potrebbe così presto dimenticarlo. Un profumo delicato ed acuto era rimasto nella soffitta: egli avrebbe voluto interrogare la vecchia signora, ma un rispetto pauroso, insolito ed invincibile, glielo impediva.

Ella sorrideva cogli occhi grigi.

L’aria del mattino dissipò quel sogno vivificandone il ricordo così che per un pezzo non potè distrarsene. La fanciulla misteriosa, l’ideale di tutte le sue visioni, era diventata una nipote dell’antico ritratto: qualche volta nelle stravaganze del suo lungo ozio gli accadeva di uscire appositamente per incontrarla, o più spesso tornando a casa si sorprendeva a domandarsi con ostinazione incredula se non fosse già su ad aspettarlo. Poi di commissione in commissione sperò che gli capiterebbe di farle il ritratto. Egli avendo già la sua fisonomia nell’immaginazione era sicuro di non ingannarsi, ella tornerebbe con lui a trovare la nonna. Ma fra tutte queste aberrazioni e i sogni del lotto, dei cavalli che dovevano rubare la mano al cocchiere e che egli arrestava ad una cantonata salvandole la vita, delle