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mai a casa che per dormire, aveva più compagni che donne, desiderava tutto senza veramente invidiare nulla. La gioventù lo sorreggeva.

Eppure la sua vita avrebbe dovuto essere infelice. Suo padre, verniciatore di qualche merito, era morto prestissimo: sua madre, rimasta vedova, dopo aver fatto di tutto per vivere bene aveva dovuto morire nel più triste abbandono all’ospedale. Egli se ne ricordava perfettamente insieme ad altre cose della mamma, secreti sospettati sino da fanciullo, indovinati da ragazzo poi risaputi giovinotto da lei stessa con quell’accorante cinismo di poveri che non nascondono più nulla perchè hanno perduto ogni speranza. Ma egli resisteva. Indarno la vita quotidiana gl’insudiciava ogni giorno più quei ricordi colla propria esperienza, o talvolta incontrando un’antica conoscenza di casa, qualche artigiano o qualche signore, una scena oltraggiosa per la memoria della mamma, un motto, un particolare che non avrebbe osato ridire con alcuno, gli balenavano improvvisi ed accecanti al pensiero, giacchè la gentilezza della sua natura trionfava egualmente di tutto.

— Povera mamma! — mormorava in cuore.

Poi una ragazza lo innamorò, e allora lasciandosi riprendere dal sogno di essere un bravo pittore vestito di velluto, colla cassetta sotto il braccio, l’ixa nel bastone, viaggiando per le campagne verso le città, festeggiato ed amato dappertutto, la sua stessa statura non gli piacque più. Avrebbe voluto essere più alto, pallido e bello, giacchè era talmente brutto che doveva in parte convenirne; ma invece della grande ricchezza si sarebbe sentito più felice solamente col danaro per vivere libero ed elegante in una piccola gloria. Quindi le storielle avventurose dei vecchi romanzi sugli artisti gli trottavano paz-