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LA CITTÀ


Vi ricordate — proseguì l’illustre critico — la pagina fine e malinconica, nella quale Sainte-Beuve paragona una biblioteca ad un cimitero? L’aria è umida e fredda, le sale hanno delle sonorità di sotterraneo, gli ordini degli scaffali rammentano la disposizione dei sepolcri nelle prime catacombe, i vecchi libri di carta pecora hanno il pallore giallognolo delle vecchie statue sdraiate sui coperchi dei sarcofaghi. Poi vi sono i libri rilegati a colori vistosi, colle costole luccicanti e dorate come le tombe azzimate di marmi e di fiori; le sale proseguono una dentro l’altra come nelle certose, si sente nell’aria un raccoglimento solenne, un silenzio di meditazione, che vi fa abbassare la voce e sospendere lo scricchiolìo delle scarpe. Quante tombe ignorate! Quanti libri, che non si leggono più! Ma vi sono le tombe illustri, davanti alle quali centinaia di generazioni si son già fermate palpitando, e che altri grandi della vita vennero ad interrogare incollandovi gli orecchi per udirne le risposte profonde; ma vi sono i libri illustri, che centinaia di generazioni hanno già imparato e altre centinaia impareranno, che discendono ogni giorno dagli scaffali, come i morti escono forse ogni notte dal se-