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schienale. Passò del tempo: quando si alzò aveva gli occhi rossi; tornò a sedergli vicino, lo prese per le spalle ed arrovesciandosi la sua bella testa in grembo:
— Rodolfo... — esclamò rabbrividendo alla fissazione del suo sguardo: — tu guardi nel vuoto.
Ma in quel momento un impeto di vita le irruppe dal cuore, la sua fronte sfavillò.
— Povero Beniamino! — proruppe cacciandogli le mani nei ricci dei capelli e squassandoli per rompergli l’incanto di quella meditazione; — povero Beniamino, che sei triste quando tutto ti sorride intorno. Non senti come sei bello? La tua fronte è segnata dal dito della storia, un giorno il mondo ti riconoscerà per uno dei suoi grandi. Napoleone I era pallido come te, i capelli di lord Byron erano ricciuti come i tuoi: tu potrai vincere battaglie belle come una canzone e scrivere canzoni sonore come una battaglia. Aspetta: la tua ora fatale passerà anche troppo presto portandoti lontano dai miei occhi, e io non ti vedrò più che in mezzo ad una aureola di gloria, sullo sfondo nero di una procella.
La fronte di lui balenò.
— Aspetta... — ella s’affrettò a ripetere: — la storia non saprebbe che farsi della tua giovinezza, la primavera è dei fiori. Sei già celebre, il mondo ti osserva palpitando. Io ti credo: la fede che s’inspira è pur sempre la migliore delle certezze. Ascolta — proseguì anelando con una moina di terrore e di adorazione: — se ti provassi che ti amo, se il tuo pensiero abituato a tutte le magnificenze dell’infinito, se il tuo cuore pieno di tutte le pompe dell’immortalità dovessero per forza arrestarsi davanti al mio amore...
— Fermarsi è morire.