Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/220


ricchi dell’avvenire non lo riconoscerebbero se gli saltasse il ticchio di risuscitare dopo un millennio, urla contro la promessa di una seconda vita: «Ahi!... qua il solco, qua il seme, qua la spiga, qua il diritto! — Di là c’è frode».

— Tutto questo è goffo, lo so: ma aggiungi ancora la bella parola: «Il venditore di Cristo non sono io: verrà!» — disse Osnaghi guardando Tebaldi, che non aveva ancora parlato.

— La sola bella di tutta la scena, perchè le ultime parole di Maria di Magdala sono di una fraseologia ancora più torbida: «Se il tuo redentore è nel numero, la tua redenzione non è destinata. Va e cerca nel numero il tuo Messia che non sa liberare sè dalla turba. Addio».

— Pazienza se fosse qui finita! — sogghignò Tarlatti — ma invece siamo ancora al prologo del dramma scritto solo per il motto finale nella scena dell’adultera: Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Naturalmente tutti restano colle pietre in mano tranne il centurione, che getta il proprio bastone di vite per raggiungere Cristo dietro le quinte.

— Oh! — interruppe Osnaghi — perchè non ripeti la formula frugoniana del centurione?» «Restitusci a Roma questo mio bastone di vite, e dille che una parola è nata più equa del diritto del pretore». Quale capitano di fanteria declamerebbe oggi così?

— E siccome Giuda piange, Maddalena per consolarlo gli dice anch’essa il proprio giudizio: «Innanzi a te Egli è già un mito, e tu innanzi a Lui sei già la posterità incredula che simula adorazione»

— La lezione è terminata! — conchiuse Osnaghi stringendosi nelle spalle.